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^^67) DI GAROSO ii5
Solo scorgelo errar, scorgalo, e more.
Vide i nemici Oscar farlisi incontro ,
E chiuso nella muta oscuritatle
Stette del suo valor. Son io, diss'egli,
Solo tra mille? selva alta di lance
Colà ravviso, e più d' un guardo io scorgo
Torvo-girante. Or che farò? ver Groua
La fuga prenderò? Ma i padri tuoi
La conobbero, Oscar? sta del lor braccio
Impresso il segno in mille pugne. Oscarre
GÌ' imiterà. Venite; ombre possenti.
Venite a me, me rimirate in guerra;
Posso cader, ma glorioso e grande
Cader saprò , né di Fingali© indegno (z).
Stettesi gonfio e pien della sua possa ,
Come il torrente dell'angusta valle.
Venne la zuffa : essi cader , sanguigno
Rota il brando d'Oscar. Giunsene in dona
L' alto rumor: corrono i suoi, frementi
(z) La situazione di Oscar è la stessa che quella d'Ulisse
nel 1. n. deli' Iliade. Possono confrontarsi i due soliloquj :
ma, per sentirne la differenza , non conviene consultar illuogo
omerico nella morte di Ettore, ove il traduttore lo raffazzonò
a suo modo, ma il testo istesso d'Omero v. 404. Il fine della
parlata di Oscar nella nobiltà dei sentimenti e nel calor dello
stile rassomiglia a quella di Turno. En 1. ii.v. 644.
Terga dabo? et Turnum fugientem haec terra videbit?
Usque adeo ne mori miserum estf vps o mihì , manes!
Este boni , quoniam superis avena voluntas .
Sancta ad vns anima atque istius inscia culpw
Descendam, magnorum haud unquam ohlitus ayorum.

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