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242 I GANTI (34*)
S'andò spegnendo, come suol tra l' erbe
Talor del monte la notturna auretta.
Alfin , già vinta da stanchezza e duolo ,
Cadde spirando, e te misero Armino,
Lasciò perduto: ahi tra le donneò spenta
La mia baldanza, e la mia possa in guerra;
Quando il settentrìon l'onde solleva,
Quando sul monte la tempesta mugge ,
Vado a seder sopra la spiaggia , e guardo
La fatai roccia : spaziar li miro
Mezzo nascosti tra le nubi, insieme
Dolce parlando una parola : o figli ,
Pietà, figli, pietà [d) ; passan, nè'l padre
Degnan d'un guardo (e). Si, Gramor, son mesto,
Né leve è la cagion del mio cordoglio .
Sì fatte usciano dei cantor le voci
Nei di del canto , allor che il Re festoso
Porgeva orecchio all'armonia dell'arpa,
E udia la gesta degli antichi tempi.
Da tutti i colli v' accorreano i duci
Vaghi del canto, e n'avea plauso e lodi
Di Cona il buon cantor {f) primo tra mille;
Ma siede ora l' età sulla mia lingua ,
(rf) L'originale; nisiuno di voi parlerà con pietà , o per
pietà? ovvero, nissun di voi col parlarmi mostrerà d' aver
pietà di me ?
(e) Cosi dovea sembrar ad Armino, perch' egli avea qualche
rimorso di non aver dato soccorso alla figlia.
(/■) Ossian.

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