Skip to main content

‹‹‹ prev (166)

(168) next ›››

(167)
(...) CROMA. i63
Non mancò la sua fama: il re di Selma
Lodommi, e al braccio io m'adattai lo scudo
Del possente Caltàn ch'ei stese esangue:
Vetlilo , o figlio , alla parete appeso ,
Che noi vede Crotarre. Or qua, t'accosta,
Dammi il tuo braccio, onde sentire io possa
Se nella forza a' padri tuoi somigli.
Persigli il braccio , ei lo palpò più volte
Con l'antica sua mano; intenerissi,
Pianse di gloja: tu sei forte, ei disse.
Sì figliuolmio, ma non pareggi il padre.
E chi può pareggiarlo ? Or via, la festa
Spargasi nella sala ; all' arpe, ai canti ,
Cantori miei, figli di Croma , è grande,
Grande è colui che la mia reggia accoglie .
• Sparsa è la festa, odonsi l'arpe, e ferve
Letizia , ma letizia che ricopre
Un sospir che covava {/) in ciascun petto .
Sembrava un raggio languido di Luna
Che di candida striscia un nembo asperge.
Cessaro i canti alfin. Di Croma il sire
Parlò , né già piangea, ma in su le labbra
Gli si gonfiava il tremulo sospiro .
O figlio di Fingàl , diss' ei, non vedi
L'oscurità della mia sala? ah quando
Il mio popol vivea, fosca non era
L' originale : che oscuramente abitava.

Images and transcriptions on this page, including medium image downloads, may be used under the Creative Commons Attribution 4.0 International Licence unless otherwise stated. Creative Commons Attribution 4.0 International Licence