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(j3) D'INISTONA 127
Coir eccelso Fingallo , innanzi agli occhi
D'Aganadeca , e s'arretrar© i duci
Minor , credendo di notturni spirti
Conflitto aspro mirar . Che fui ! che sono!
Annìro incominciò; misero, infermo,
Carco d'età , disutile il mio brando
Pende nella mia sala . O tu che sei (A)
Della stirpe di Selma, Annìro anch' egli
Si trovò fra le lancie, ed ora ei langue
Arido e vizzo come quercia infetta
Colà sul Lano ; io non ho figlio alcuno
Che sen corra giojoso ad incontrarti ,
E ti conduca alle paterne sale .
Pallido Argonte è nella tomba, e Ruro ,
Ruro mio non è più ; V ingrata figlia
Nella magion degli stranieri alberga ;
E impaziente la paterna tomba
Di rimirar desia; diecimila aste
Scote il suo sposo, e contro me s'avanza,
Come dal Lano suo nube di morte.
Pur vien, figlio di Selma , a parte vieni
Del convito d' Annìro . Andò mio figlio :
Stetter tre giorni a festeggiar, nel quarto
Chiaro sonar s'udì d' Oscarre il nome (i):
ih) Anniro favella ad Oscar, come se fosse presente,
bendi' egli ancor non sia giunto .
(Ó L' originale semplicemente; nel quarto, frinirò udì il
novie di Oscar. Non è credibile che Oscar non palesasse il suo
jtome che _in capo a ire giorni j la spiegazione di queste paro-

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