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Né più città , ma d' abitanti muto
Era deferto : al rovinolb Icrollo
Delle Tue mura, avea cangiato il Ciuta
L' ufato ccrfo : il folitario cardo
Fifchiava al vento per le vuote cafe ,
Ed affacciarfi alle finertre io^ vidi
La volpe , a cui per le mufcofe mura
Folta e lungh' erba iva (Irifciando il volto'.
Ahi di Moina è la magion deferta,
Silenzio alberga nei paterni retti .
Sciogliete il canto del dolore , o vati ,
Su i m/iferi flranieri : effi un fol punto
Prima di noi cadéro , un punto poi
Cadrem noi pur , sì cadrem tutti . O figlio
Dei giorni alati {a) a che le fale inalzi
Pompofamente ? oggi tu guardi altero
Dalle tue torri : attendi un poco , il nembo
Piomberà dal deferto ; ei già nel vuoto
Tuo cortil romoreggia , e fifchia intorno
Al mezzo infranto e vacillante feudo .
Ma piombi il nembo : e che farà ? fimofi
Fieno i dì nollri , dei mio braccio il fegno
Starà nel campo , e andrà '1 mio nome a volo
Su le penne dei verfì : alzate il canto ,
Giri la conca , e la mia fala eccheggi
Di liete grida . O tu celeire lampa ,
Dimmi 5 o Sol , cederai ? verrai tu manco
Poflente luce ? ah s' è prefcritto il fine
Del corfo tuo , fé tu rifplendi a tempo ,
Come Fingallo , avrem carriera , o Sole ,
Di te più lunga , e 1' alta gloria noflra
Sorviverà nel mondo ai raL>gi tuoi .
Così cantò 1' alto Fingallo : i mille
Cantori fuoi da' lor fedili alzarfì ,
^a) O uomo figlio del tempo, cioè mortale.

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